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La torta di mandorle

"La tùurta de armandule"

Ingredienti per 6 persone:

300 gr. di mandorle pelate e tritate
300 gr. di burro
300 gr. di zucchero
450 gr. di farina bianca 00

Preparazione

Lavorare il burro con le mani indi aggiungere gli altri ingredienti, continuando ad impastarli con le mani sinché non ne risulterà un composto ben omogeneo. Ungere una teglia con un poco di burro, spolverarla di pane grattugiato e collocarvi l’ impasto, pareggiandolo senza premere eccessivamente. Infornare a 160° e portare a cottura, mantenendo la torta in forno per 45 minuti circa.

Difficoltà
Preparazione
Cottura
Costo
Servire

nessuna

29 minuti

45 minuti

medio

freddo

Abbinamento vino

Sorprendente torta che per la sua semplicità di esecuzione e i suoi ingredienti ne consente un abbinamento con vini dolci ben equilibrati e piacevoli come il Brachetto Spumante dell'Az. Volpi di Tortona.

Varianti

La stessa torta può essere preparata utilizzando noci o nocciole, anziché mandorle. In tal caso si suggerisce tuttavia di modificare gli ingredienti, utilizzando 200 gr. di noci (o nocciole), 200 gr. di zucchero vanigliato, 100 gr. di cacao in polvere, o tuorli d’uovo. Mescolato bene l’impasto aggiungere delicatamente, poco alla volta e sempre rimescolando, gli albumi montati a neve. (Quando il tutto sarà ben amalgamato procedere come per la ricetta originale.

Scheda dietologica

Ottima torta, ma se la dividiamo in sei ci spetteranno 1145 calorie a testa, dovute a 50 grammi di mandorle. 50 di burro. 50 di zucchero e 75 di farina! Un po’ troppo.

Questa e l’ultima scheda che scrivo. Anche se nel piano dell’opera comparirà al numero 92, è tempo di commiati e di bilanci. Un grazie all’architetto Mino Galetti, artefice di tutto il progetto. Grazie alla redazione della "Provincia" che ha creduto nell’impresa ed ai lettori che l’hanno sostenuta. Ho imparato molte cose compiendo questo cammino e spero che con me anche i lettori si siano arricchiti. Termino quindi con quello che considero il piatto tipico cremonese.

L’insalata consa. Troppo semplice per giustificare una scheda tutta per lei, ma anche troppo buona e con un nome troppo bello per essere dimenticata. Consa. Perché viene chiamata così l’insalata a Cremona? Dal latino condere (fondare, creare ma anche metter sotto terra, interrare) oppure dall’italiano concia, abbreviazione di conciare? O non sarà piuttosto dal nome di un dio agreste dell’età del bronzo, Conso, divinità ormai dimenticata, ma celebrata dai latini al tempo della mietitura e della semina? Conso era il seme di farro, simbolo della forza germinale primordiale, protettore dei granai. Fecondava la dea Opi, la terra madre, dea della campagna rigogliosa. Quando Romolo, fondata Roma, non sapeva come popolarla, fu il dio Conso, l’inseminatore, a consigliargli di istituire una festa in suo onore (Le Consualia) a cui invitare i vicini popoli Sabini, al fine di rapirne le donne. Fu durante la festa dedicata a Conso che vennero rapite le donne Sabine. Le feste Consualia in seguito furono caratterizzate da corse di cavalli, muli e ciuchi ornati di ghirlande e festoni e da riti nuziali collettivi. Conso, piccolo dio rustico, finì un po’ male. Quando con l’acquisizione della cultura greca tutti gli dei romani vennero trasformati nelle divinità greche corrispettive, Conso venne trasformato in Poseidone Ippio, solo perché le feste dedicate a questo dio greco erano piene di cavalli come quelle di Conso. Poseidone Ippio era un dio scomposto che fecondava e possedeva dee e donne mortali senza ritegno. Tutte le dee cercavano di evitarlo al punto che la dea delle biade, Demetra, la più tartassata, non esitò a trasformarsi in cavalla pur di nascondersi e sfuggirgli. Poseidone se ne accorse e non perse tempo, si trasformò pure lui in cavallo e la fece sua. Cremona, granaio romano dalle fertili terre, si impregnò dello spirito del dio Conso e poi col tempo lo dimenticò. Ma di lui ci rimane l’insalata consa, all’origine costituita dal farro e dagli ortaggi di stagione. Ogni volta dunque che mangerete la consa lasciatevi prendere dalla memoria del tempo! E se dopo averla mangiata, vi sentirete talmente bene da dire: "Mi sento come un dio" oppure "Sto da dio" avrete tutte le vostre buone ragioni, la consa vi avrà trasmesso la linfa vitale del piccolo dio agreste. Ma non fatevi prendere la mano! Che non vi venga in mente di organizzare un nuovo ratto delle Sabine, o di chiamare la vostra ragazza "Bella cavallona" e tanto meno di travestirvi da cavallo o di organizzare una corsa di cavalli per conquistarla! Basta lo spirito! Tutto il resto è vita.