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Fritture

Punto di fumo. La cottura dei grassi provoca la loro decomposizione in glicerina ed acidi grassi volatili. Il punto di fumo corrisponde alla temperatura che provoca un tasso di decomposizione del grasso di cottura, tale da essere visibile sotto forma di fumi biancastri. Più è alto il punto di fumo e più il grasso è resistente al calore. Ogni grasso ha il suo punto. Burro e strutto sono i grassi con quello più alto, mentre l’olio di girasole con il più basso. I grassi che contengono alte quantità di acidi grassi liberi, di mono e digliceridi e di acidi grassi a catena corta sono meno resistenti al calore. Oltre all’alta quantità di acidi grassi liberi, anche il riutilizzo del grasso di cottura abbassa il punto di fumo perché ad ogni rifrittura si formano acidi grassi liberi e glicerina derivati dai nuovi processi di decomposizione.

Friggitrici e padelle. Altri fattori che influenzano il punto di fumo sono la superficie di esposizione e la presenza di particelle estranee. Il punto di fumo s’abbassa se la superficie esposta è maggiore. Meglio le friggitrici che sono alte e strette, piuttosto delle padelle ampie e basse. Anche le particelle che cadono nel grasso di frittura ne abbassano il punto di fumo. Questo avviene frequentemente rifriggendo nello stesso olio alimenti panati o infarinati.

 

Acroleina. Il vapore acqueo trasporta i prodotti volatili che si formano durante la cottura, insieme al tipo di grasso utilizzato sono l’origine dell’odore della frittura. Superato il punto di fumo, la glicerina si degrada in acroleina. Prodotto tossico dal lento smaltimento epatico. Responsabile dell’odore acre e pungente di certe fritture.

Doratura e Caramellatura. Dal punto di vista culinario è importante tenere conto dei fattori che influiscono sull’assorbimento del grasso di frittura da parte dell’alimento da friggere. Essi sono: grandezza del pezzo da friggere e tempo di cottura. Un pezzo eccessivamente grande rispetto al grasso utilizzato, abbassa la temperatura del grasso e prolunga il tempo di cottura. Un piccolo pezzo tiepido, riduce al contrario i tempi di esposizione alla frittura e favorisce la formazione rapida della doratura o caramellatura esterna. Nel primo caso il cibo s’impregna di grasso, nel secondo rimane fragrante e facilmente digeribile.

IPA e pirolisati proteici. Gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA) sono prodotti di degradazione ossidativa degli acidi grassi liberi. Derivano dagli acidi grassi non volatili o poco volatili che rimangono nel grasso di cottura. Combinandosi con l’ossigeno dell’aria danno origine a perossidi e vanno incontro a polimerizzazione. Le miscele che ne derivano contengono gli IPA che sono tra i cancerogeni più diffusi. Le componenti proteiche delle particelle che si disperdono nel grasso di frittura subiscono dei processi di decomposizione detti pirolisi. Danno origine a pigmenti scuri anch’essi cancerogeni (pirolisati proteici).

Pro e contro. La frittura rende gradevoli cibi che altrimenti non sarebbero altrettanto appetibili. È il metodo di cottura usato in un’infinità di piatti tradizionali. Ha quindi un ruolo determinante nella corretta nutrizione. Richiede però il rispetto di alcune regole, che se non vengono rispettate espongono a rischi per la salute. Ecco le principali.

Preferire grassi con alto punto di fumo (superiore alla temperatura di cottura).

  • Scegliere recipienti di cottura stretti ed alti.
  • Evitare le rifritture.
  • Evitare i rabbocchi dell’olio di frittura.