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Cucina di guerra

Il fronte interno italiano

Il manuale. Il Manuale di 150 ricette di cucina di guerra è stato pubblicato a Cremona allo scoppio della prima guerra mondiale per raccogliere fondi a favore dei mutilati di guerra. Ne vennero stampate 1100 copie. Il presidente del sottocomitato Pro Mutilati, il medico Imerio Monteverdi, nell’introduzione ringrazia la promotrice ("benefica dama"), per l’iniziativa che non solo avrebbe permesso di raccogliere fondi, ma anche di risparmiare carne e combustibile da inviare al fronte. La nuova edizione (CremonaFiere, 2009), è arricchita dalla ricostruzione storica della prof.ssa Carla Bertinelli Spotti che sa ricreare lo stato di eccitazione solidale che al tempo mobilitò tutta la rete di istituzioni benefiche e le capacità associative del territorio cremonese.

Beneficenza. Nel 1800 la beneficenza era quasi esclusivamente di natura caritativa ed in assenza di stato sociale dipendeva dalla buona volontà dei singoli individui. Il Regno d’Italia si limitava a riconoscere le Opere Pie. L’intervento pubblico si identificava in ogni città nelle Congregazioni di Carità che avevano funzioni di vigilanza sugli ospizi. La beneficenza consisteva nel raccogliere i poveri in ospizi, istituti, ricoveri dove non si faceva differenza tra poveri ed emarginati (disabili, ex prostitute, ex detenuti, inabili per incidenti sul lavoro). Di fatto strutture per mantenere lo status quo e per segregare in ambiti dove non veniva disturbato l’ordine costituito. Il finanziamento derivava da atti di generosità della Chiesa, di aristocratici e di borghesi benestanti.

La legge Crispi. Solo alla fine del secolo lo Stato Regio varò una politica d’intervento organico contro la povertà con la legge 17.07.1890 n. 6972, più nota come Legge Crispi.

Lo scopo della legge Crispi fu di riordinare il complesso sistema della beneficenza. Il primo sforzo per sostituire la tradizionale impostazione caritativa a favore del dovere istituzionale dell’assistenza. Il passaggio dalla carità all'assistenza. Si è trattato di un percorso molto lungo.

Forse è possibile un confronto con il presente. Attualmente godiamo di uno stato sociale e di una miriade di Associazioni senza scopo di lucro (ONLUS). All’inizio del secolo scorso, invece, c’era una miriade di Associazioni benefiche in presenza dell’embrione dello stato sociale.

Al tempo della stesura del Manuale di Cucina di guerra, si era ancora all’inizio. I bisognosi erano assistiti da un’infinità di associazioni ed iniziative. La stesura delle 150 ricette, volta a raccogliere fondi a favore dei mutilati di guerra, rientra in questo ambito.

Il coinvolgimento della popolazione. Dalla ricostruzione storica curata, per la nuova edizione del Manuale di Cucina di Guerra, da Carla Bertinelli Spotti, risultano il fermento caritativo, il proliferare d’iniziative, l’intreccio di opere, la nascita di nuovi comitati, volti ad affrontare l’emergenza bellica. Il tutto sostenuto da una rete di beneficenza frutto di una tradizione radicata. Lo scoppio della guerra indusse la società ad esprimere al meglio le risorse benefiche in uno sforzo concorde. Una vera e propria mobilitazione.

Quali profumi in cucina? Profumi di minestre, bolliti, bagno maria. Sono 48 le ricette con questo tipo di cottura. Profumo di erbe fresche provenienti dalla campagna, ma anche l’odore triste di fungo chimico dei dadi per brodo (glutammato) che si sente ancora oggi entrando in alcune Case di Riposo e nelle mense di molte comunità. Seguono quasi a pari numero i profumi fragranti ed intensi dei fritti e soffritti. Sono 46 le ricette che ricorrono a questa cottura. Viene usato il grasso migliore per friggere, lo strutto. Allora ingrediente alla portata di tutti, attualmente pressoché introvabile e soppiantato dall’olio di palma: l’economico ed ubiquitario nemico delle coronarie. I fritti nel manuale aiutano a rendere gradevoli gli avanzi, a riutilizzare il pane e la polenta, a caratterizzare la gradevolezza di più del 30% delle ricette.

Secondo taglio. Quinto quarto. Il primo taglio ai combattenti, il secondo taglio e le frattaglie alla popolazione. Con le cotture a fuoco lento, le fritture ed i soffritti, l’arte della cucina trasforma in piatti gradevoli anche i pezzi di carne più difficili.

Avanzi. Numerose ricette sono fatte di avanzi di carne ed anche di pesce. Altre recuperano il pane e la polenta. Il recupero degli avanzi era un’abitudine consolidata, non necessariamente bellica. Una lotta contro lo spreco. La scarsità di ricette con il taglio originario a fronte dell’abbondanza di ricette con gli avanzi, induce tuttavia a figurare due fruitori stratificati: non solo i combattenti e la popolazione, ma anche un ceto abbiente e la servitù, i benestanti ed i poveri.

Coraggio e paura. Paura della guerra. Necessità del coraggio. Ricerca della forza e delle risorse per la solidarietà. Ma anche depressione e disperazione. Una parte corposa del ricettario è dedicata ai dolci ed alle conserve di frutta. In cinque ricette l’ingrediente principale è la cioccolata. Consapevolmente si insegna alle donne di casa a sostenere mente e fisico dei famigliari. Il dolce è il corroborante quotidiano. A fronte degli inevitabili lutti e delle malattie che la guerra è destinata a portare, i dolci vengono considerati apporto salutare indispensabile. Questa serie di dolci semplici e poveri è la spia del ruolo indispensabile svolto dalla donna nella prima guerra mondiale. Una battaglia da combattere giorno per giorno, lontana dalla trincea, battaglia seminascosta e sottovalutata, ma alla fine vincente. Una guerra combattuta e vinta in cucina.

Aspettativa di vita. Nonostante le difficoltà e le inevitabili imperfezioni, durante la prima guerra mondiale gli sforzi per garantire ai combattenti ed alla popolazione un’alimentazione sufficiente hanno giocato un ruolo determinante. È stata l’influenza spagnola a sconfiggere gli austriaci? Oppure sono stati i soldati italiani ad opporre maggiore resistenza ai due nemici: l’esercito austriaco e le malattie? Di certo l’esercito italiano era meglio nutrito e la popolazione era cosciente della funzione che una corretta alimentazione poteva avere per l’esito del conflitto. Il manuale di 150 ricette di guerra ne è la conferma.

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