headerphoto

Le indicazioni dei ricettari di cucina cremonese

La cuoca cremonese (1794)

Il ricettario più antico, di autore anonimo, è il già citato La cuoca cremonese che insegna a cucinare con facilità qualunque sorta di vivande, pubblicato a Cremona nell’Almanacco per l’anno 1794 dall’editore Lorenzo Manini. Nella prefazione si spiega che scopo del libro è insegnare la preparazione di piatti semplici, gustosi ed economici, ma soprattutto perfettamente salubri. Si danno poi precise indicazioni per fare acquisti mirati seguendo le disponibilità stagionali, in modo da utilizzare quello che viene via via prodotto è che è quindi fresco, gustoso, di facile reperimento sul mercato e di costo più contenuto.

Il capitolo sesto, dedicato al Pollame, è preceduto da considerazioni di carattere generale: «Vi sono cuochi, i quali dicono, che ogni sorta di pollame subito ucciso deve essere spiumato, ma al parer mio dico essere bene di aspettare qualche poco di tempo, perciocché saranno più buoni, e più teneri; indi svuotati, ed abbrustoliti sopra di un fuoco bene acceso, passandoli leggiermente sopra la fiamma tanto che basti per abbruciarne i peli che vi restano; se non avete il comodo del fuoco acceso prendete un pezzo di carta, ed abbruciatelo sotto i peli. Per sventrarli tagliate la pelle al di dentro del collo, distaccate leggermente senza rompere il Pollame, mettete poscia il dito nella pancia per distaccare ciò che vi è nel corpo, le budella, il fegato ecc., allargate indi il buco vicino al groppone e vuotate il Pollame senza romperlo, levando l’amaro del fegato, e togliendo il ventriglio».

Vengono poi presentate ben 18 ricette: 9 insegnano a cucinare pollastri o capponi: Fricassea di pollastri; Pollastri in tamburri; Pollastri con fette di pane; Pollastri in matalotte; Pollastri alla gibelotte; Pollastri con piselli; Pollastra o Cappone immascherato; Pollastro o cappone in court bouillon; Pollastra in bianco.

Seguono quindi le indicazioni relative ai tacchini, nella parte intitolata De’ Polli d’India. I Polli d’India si servono ordinariamente allo spiedo per piatto d’arrosto; massime se sono grassi, e teneri. Si puntano con lardo, e si bagnano di mano in mano col butirro prima liquefatto, e col sugo, che rimanda il lardo e lo stesso pollo; questi i tre piatti proposti: Parti minute de’Polli d’India in fricassea in bianco e in rosso; Pollo d’India alla poële; Pollo d’India rotolato.

Altre indicazioni sono suggerite poi per anitre ed oche: L’anitra e l’oca si fa per lo più allo spiedo, servendo per piatto d’arrosto. Si serve anco per piatto di mezzo, ma dev’esser sempre cotta allo spiedo, e quindi fornita di qualche salsa. E questi sono i piatti presentati: Anitra con farsa; Anitra al père douillet; Anitra, Oca e Pollo d’India alla daube. Si passa infine ai piccioni: Piccioni alla Bourgeoise; Piccione coi piselli; Piccione alla poële.

 

Un esempio delle ricette ‘alla francese’ contenute nell’Almanacco di Lorenzo Manini: Pollastra o cappone in court bouillon.

«Netta la pollastra o cappone, aggiustate le zampe di esso nel corpo, legatelo, e mettetelo in una pentola proporzionata alla grossezza con butirro, due cipolle in fette, una radice, una pastinaca, un mazzetto guernito di prezzemolo, cipollette, un baccello d’aglio, tre garofani, sale, e pepe; bagnate con due bicchieri di brodo, ed uno di vino bianco, due cucchiaj di agresto, e fate cuocere a lento fuoco; quando la pollastra o cappone piegherà sotto il dito, passate tutto il court bouillon al setaccio, fate questo ridurre al fuoco in una salsa, e servitelo sopra della pollastra, o cappone».

Da La cuoca cremonese cit., p. 46.

Manuale di 150 ricette di cucina di guerra (1916)

Degli scopi del Manuale di 150 ricette di cucina di guerra già si è detto, e così pure della assai ridotta presenza di piatti di carni, fra i quali la ‘parte del leone’ è attribuita al coniglio. A conferma di ciò, più precisamente si osserva che tra le 150 ricette presentate solo 9 prevedono l’uso della carne: quella bovina compare in un solo piatto, e per di più sotto forma di avanzi da impiegare insieme ad avanzi di pollo; il pollo compare poi una seconda volta, ed in quantità ridotta (il soufflé che viene proposto prevede l’impiego di solo 80 grammi di polpa di pollo), mentre le altre sette ricette "carnivore" sono tutte a base di carne di coniglio, «ottima sotto tutti i punti di vista».

Ed ecco l’elenco dei 9 piatti: Pappardelle col sugo di coniglio; Ottimo modo per preparare avanzi di carne e di pollo; Soufflé di pollo; Coniglio in umido; Coniglio fritto; Coniglio lessato; Coniglio al forno; Stufatino di coniglio; Fricassea d’interiori di coniglio.

 

Due esempi di ricette ‘economiche’: il già citato soufflé di pollo (quasi senza pollo...) ed un’altra che utilizza parti normalmente considerate di scarto del coniglio.

Soufflè di pollo

Ingredienti: Polpa di pollo priva della pelle, grammi 80; Farina, gr. 50; Burro, gr. 30; Parmigiano grattato, gr. 20; Latte, decilitri 2,50; Uova, numero 4; Sale, una presa.

Fate una balsamella col burro, la farina ed il latte, dopo cotta e non più a bollore, unitele il parmigiano, il sale, i rossi d’uovo ed il pollo tritato con la mezzaluna. Poi montate ben sode le chiare, aggiungetele al composto, versate il tutto in un recipiente che resista al fuoco, rosolatelo leggermente al forno da campagna e servitelo caldo. Questo piatto leggero e nutriente è ottimo quando si hanno avanzi di pollo arrosto oppure bollito.

Fricassea d’interiori di coniglio

Tagliate a pezzetti il cuore, il polmone ed il fegato; sciogliete in una cazzeruola un po’ di burro con una cipolla tagliuzzata, versatevi il cuore ed il polmone e fate cuocere a fuoco vivo per pochi minuti. Unite poi il fegato, sale, pepe, prezzemolo triturato e per ultimo il sugo di un limone. Servite con riso all’inglese o con risotto.

da Manuale cit. p. 52 e p. 54.

Cui pèe sòta’l tàaol (1976)

Nel 1976 è uscito a Cremona il primo ricettario cremonese (27) che presenta in modo organico i piatti della tradizione locale. Ne è autrice Lydia Visioli Galetti che nel capitolo dedicato ai Piatti di carne rievoca con rimpianto la situazione del passato, nella quale gli animali dell’aia erano saporiti e genuini. «Galli, galline, faraone, tacchini, anitre, oche e la chioccia con i suoi pigolanti pulcini animavano l’aia impegnando in un gran lavoro le donne. Gli uomini si limitavano a protestare brontolando e per lo spreco del grano e per l’erba insudiciata: si placavano solamente a tavola, quando compariva un cappone o una faraona arrosto o un semplice pollastrello alla cacciatora... Oggi si guarda con sospetto la carne che si compera, non si sa quasi mai da dove arriva, e i polli, miserelli, vengon chiamati "da batteria", il che suona alquanto militaresco. Infatti rinchiusi in gabbie o recinti a centinaia, a migliaia, oltre ad essere militarizzati sono meccanizzati e industrializzati. E addio ai sapori particolari e genuini di queste carni, fonti di ricchezza alimentare».

Numerose sono le ricette a base di pollame o di coniglio: Pollo in casseruola, Pollo novello saporito, Pollo alla panna, Pollo alla cacciatora, Pollo con funghi di donna Francesca, Prosciutto di pollo, Anatra al vino bianco, Anatra alla Giuditta, Faraona arrosto, Faraona al cartoccio, Faraona alla Stradivari di Giovinati, (28) Arrosto di coniglio, Coniglio al salto, Oca sotto grasso, Oca sotto sale. L’ultima ricetta ha un lungo commento che evidenzia l’importanza che l’oca aveva in passato come riserva per l’inverno delle famiglie contadine; la sua uccisione ha la stessa truculenza di quella del maiale: «con un trivello si forano entrambe le orecchie dell’oca che viene tenuta sospesa e appesa per il becco finché è uscito tutto il sangue»; viene poi spennata e appesa per la testa per 2 o 3 giorni in luogo freddo, così che il grasso scenda tutto verso il basso. «Si toglie poi la pelle, la si taglia a listarelle e con il grasso servirà a preparare i ciccioli. L’oca tagliata poi a pezzi viene posta sotto sale. Si può mangiare dopo 20 giorni, ma può conservarsi così per un anno e anche più».

Viene anche fornita una ricetta per un gustoso ripieno di pollo, che contribuiva ad arricchire il piatto dei lessi.

(27) Lidya Visioli Galetti, Cui pèe sòta’l tàaol, Cremona 1976.

(28) Giovinati era un cuoco cremonese, cui si deve la creazione del petto di faraona ripieno alla Stradivari servito come «Piatto del buon ricordo» al ristorante Italia di Torre Picenardi, unico ristorante del Cremonese aderente all’iniziativa lanciata nel 1964 da Dino Villani.

 

Ripieno di pollo alla cremonese

Ingredienti: salsiccia gr. 10, mortadella gr. 50, avanzi di carne gr.50, 3 uova, formaggio grattugiato gr. 100, due panini soffiati, un po’ di prezzemolo.

Si mette il pane nell’acqua e quando è bene inzuppato si schiaccia e si cola con uno straccio, aggiungendo tutti gli altri ingredienti, tritati con le uova: il formaggio, il sale, le spezie e la noce moscata. Si dà una bella mescolata e si mette il ripieno nel pollo al solito modo, cucendo per benino la pelle affinché il ripieno non esca.

da L. Visioli Galetti, op. cit., p. 46.

Il libro si chiude con alcune ricette di trattorie e ristoranti: Fagiano tartufato (lo preparavano i proprietari di allora, Vittorio e Italina, ma adesso la trattoria Bissone ha cambiato gestione), Coniglio coi funghi e Pollo ai funghi (erano serviti alla trattoria del Cigno, ora chiusa), Pollo in umido con peperoni (lo preparava Ida Barbieri al ristorante Duomo, che ora ha cambiato gestione), Petti di pollo alla crema (Ristorante Italia di Torre Picenardi), Fagiano alla parigina (si gustava al ristorante La barca sul Po, che ora non c’è più), Petti di Pollo al Tokai (li cucinava una volta Teresa Bandera alla Trattoria Melini), Anatra all’arancia e Pollo alla Marengo (preparati da Maria e Romano, nella cucina del ristorante Visconti).

 

Della suavità di sapori nella cucina rustica cremonese (anni Settanta)

Altro ricettario cremonese è quello raccolto da G. Carlo Maria Duranti, il cui titolo aulico lo fa ritenere scritto nei secoli passati, ma che risale invece agli anni Settanta del Novecento (29).

Nutrita (e nutriente...) è in esso la presenza degli animali dell’aia e da cortile, a cominciare dalle ricette relative ai primi piatti, che includono quella per il Brodo di pollo e la Minestra di riso e fegatini di pollo. Assai più lungo è l’elenco delle ricette di secondi piatti a base di carne: Cosciotti di pollo alla griglia, Insalata di pollo, Petti di pollo al formaggio, Pollo con i funghi, Pollo alla contadina, Pollo arrosto allo spiedo, Pollo lesso, Pollo ripieno ai marroni, Cappone ripieno alla cremonese, Rigaglie di pollo al vino. Ed ancora: Anatra all’arancia, Oca arrosto, Spezzatino di tacchino, Tacchino alla favorita, Fagiano alla bracconiere, Fagiano alla gentile. E, per finire, il coniglio: alla campagnola, alla conventuale, al latte, al pesto, al sangue ed in una preparazione insolita: in marinata, della quale riportiamo la ricetta.

(29) G. Carlo M. Duranti, Della suavità di sapori della cucina rustica cremonese, ed. Padus, Cremona s.i.d.

 

Coniglio in marinata

Ingredienti e dosi per 4 persone: 1 coniglio, circa 1 kg., già scuoiato, senza interiora, la testa, le zampe, frollato - 1 carota - 2 canne di sedano - i spicchio d’aglio - 1 piccola cipolla - 3 foglie di alloro -1 bicchiere da tavola di olio di semi di mais - 10 grani interi di pepe nero.

Lessate il coniglio in acqua leggermente salata e acidulata con succo di limone, disossatelo, e tagliatelo a piccoli pezzi. Disponete a strati la polpa ricavata in una terrina, alternandola con carota, sedano, aglio, cipolla, tritate grossolanamente, le foglie di alloro intere, olio, sale e pepe nero in grani. Lasciate marinare per 24 ore. Trascorso il tempo necessario, toglietelo dalla marinata e servitelo.

da G.C.M. Duranti, op. cit., p. 52.

L’Abbuffone, di U. Tognazzi (1974)

L’Abbuffone (30) non è un ricettario cremonese in senso stretto, ma cremonese è certamente l’autore: Ugo Tognazzi, celebre attore, ma anche appassionato gastronomo e membro della delegazione romana dell’Accademia italiana della cucina (31) Le ricette presentate sono in parte quelle della sua infanzia (e che sono quindi, nella sostanza, rispettose delle tradizioni cremonesi, anche se spesso rielaborate con qualche aggiunta personale), talora legate a figure femminili del passato che svolsero un ruolo importante nella sua formazione non solo gastronomica.

(30) Ugo Tognazzi, L’Abbuffone, Rizzoli ed., Milano 1974.

(31) Frequentava di rado la delegazione romana ed il presidente Giovanni Nuvoletti, incontrandolo a Parigi, si rammaricò della sua scarsa assiduità; Tognazzi gli propose allora di associarlo alla delegazione di Lucca, dal momento che in quella città conosceva molti accademici e lì aveva fatto parte di una giuria incaricata di scegliere le migliori tavole imbandite, quando presidente dell’Accademia era Franco Marenghi. A Lucca andava abbastanza spesso a far provvista di farro e di fagioli per la sua casa di Velletri, ed in quelle occasioni trascorreva lietamente una parte del suo tempo con gli amici accademici lucchesi (da «L’Accademia» n. 10/1990, Ricordo di Ugo Tognazzi, scritto da Renzo Menesini, delegato di Lucca, in memoria dell’amico accademico onorario).

 

L’anatra di Maria

Ingredienti: un’anatra, olio, burro, cipolla, aglio, carota, sedano. Semplice, no? Per il sugo: conservare il fegatino dell’anatra, quattro pomodori, del tartufo nero (facoltativo), funghi secchi. Cominciamo: tagliate a pezzi l’anatra e, a crudo, mettetela in un tegame con l’olio, mezz’etto di burro, cipolla, carota e sedano sminuzzati grossolanamente, e aglio, invece, tritato molto sottilmente. Lasciate cuocere a fuoco bassissimo. Ogni tanto date una controllata. Vi do il permesso, tutt’al più, di aggiungere un mestolo di acqua calda a varie riprese, e un pezzo di dado da brodo per insaporire, oltre al sale, naturalmente. Dopo cotta l’anatra, trovate il tempo di fare la salsa. Mettete in una padella buona parte del sugo dell’anatra, un pezzettino di burro, un po’ di vino bianco, e quando questo sarà evaporato, aggiungete il fegatino e il cuore dell’anatra (se ne avete due, meglio), tritati finemente. Lasciate cuocere un pochino, poi aggiungete quattro pomodori, che schiaccerete appena versati. Mandate avanti per sette minuti, e un attimo prima di togliere la padella dal fuoco aggiungete il tartufo nero, grattato. Se usate invece i funghi, li metterete tritati, prima dei pomodori. Il sugo all’anatra vi serve per condire le tagliatelle. Alle quali, naturalmente, seguirà l’anatra vera e propria.

Ugo Tognazzi, op. cit., pp. 146-47.

Ricette di osterie della Lombardia (1998)

Un quadro completo ed interessante delle ricette dei piatti serviti nelle trattorie e nelle osterie del Cremonese è offerto dalla bella pubblicazione curata da Marino Marini per Slow Food nel 1998 (32).

Scorrendo le sue pagine è possibile comporre un ricco e variato menu, rigorosamente a base di animali da cortile. Eccolo:

Antipasti

Collo d’oca farcito, Fegato grasso d’oca su radicchio e mele, Patè di fegatini, Timballo di anatra al tartufo nero.

Primi piatti

Minestra di riso, fegatini di pollo e verze, Pappardelle con fegatini d’anatra, Ravioli di coniglio al sugo d’arrosto, Tortelli del cacciatore, Tortelli di faraona con fonduta di cipolle.

Secondi piatti

Anatroccolo coi chiodini, Braciole d’oca conservate nel grasso, Corona di coniglio al miele e aceto, Cosciotto di coniglio ripieno, Dunèl col picanèl (coniglio col manico ), Faraona ai funghi chiodini, Faraona al timo, Gallina ripiena di verze e amaretti, Oca con le verze, Padellata di pollo in umido con patate, Petto d’oca conservato sotto grasso, Petto di fagianella alla crema di latte, Petto di faraona farcito di funghi, Petto di faraona alla Stradivari, Pollastra al forno ripiena di ginepro.

Tra le ricette più tipiche del territorio cremonese è certamente quella che unisce due prodotti caratteristici: la faraona (un pollo che ha conservato qualche capacità di volo, che vive in uno stato di semilibertà, che ama passare la notte all’aperto sui rami degli alberi vicino alla corte e che quando lo si vorrebbe cucinare è tanto difficile da catturare che spesso i contadini devono ricorrere alla doppietta) ed i funghi chiodini, che crescono abbondanti nelle campagne.

(32) Marino Marini, Ricette di osterie della Lombardia. Cremona e il suo territorio, Slow Food ed., Bra (Cn) 1998.

.

Faraona ai funghi chiodini

Ingredienti per 6 persone: una gallina faraona disossata e ben legata, mezz’etto di prosciutto crudo, una piccola cipolla, timo fresco, poca panna liquida, qualche goccia di limone, 30 gr di burro, sale, noce moscata.
Tempo di preparazione: 20 minuti
Tempo di cottura: un’ora

In una casseruola mettete il burro e il prosciutto tagliato in piccoli pezzi. Rosolate la carne ben legata da tutte le parti, unite la cipolla affettata, sale, timo, noce moscata e un piccolo mestolo di acqua calda. Coprite e fate cuocere al forno a calore moderato per 40 minuti. Togliete la faraona dal tegame e tenetela al caldo. Passate il fondo di cottura, unitevi un po’ di panna liquida e fate ridurre, spruzzate di limone, aggiustate di sale e aggiungete un po’ di timo. Servite la faraona ricoperta con la sua salsa.

da Ricette di osteria cit., p. 90.

A tempi lontani risale quest’altra ricetta, che permetteva di conservare a lungo, saporita e morbida, la carne dell’oca, consentendo di consumarla molto tempo dopo la macellazione.

Quando in cascina si ammazzava l’oca, puntualmente si presentava il problema di conservare nel tempo le sue ottime carni. Poiché questo animale da cortile è abbondantissimo di grasso, fu facile inventare una preparazione che permettesse di conservarlo a lungo nelle cantine delle case di campagna. La carne non rientrava normalmente nella dieta quotidiana, quindi quando giungevano amici o parenti era molto comodo "ripescare" i pezzetti di oca messi da parte con tanta cura e dare ai visitatori la giusta ospitalità.

Petto d’oca conservato sotto grasso

Spolpate il petto dell’oca, che in precedenza avrete pulito. Tagliate la carne a scaloppe alte circa un dito, mettetele in una zuppiera con l’aglio tritato, la cipolla, il rosmarino e l’alloro. Salate, mescolate bene e lasciate riposare mezza giornata.
Tempo di preparazione: mezz’ora, più il riposo.
Tempo di cottura: 10 minuti

Prendete il grasso dell’oca e fatelo sciogliere con il burro, aggiungete le scaloppe d’oca facendole scottare appena. Togliete dal fuoco e sistematele nei vasi con il grasso che ricopra tuta la carne. Chiudete ermeticamente e conservate in luogo fresco. Per il consumo togliete un poco di grasso e fette di oca quante ne bastano per persona, scaldatele a bagnomaria e servitele con polenta morbida.

da Ricette di osteria cit., p. 100.